Spettacolo in italiano con sovrattitoli in francese e neerlandese
L’Istituto Italiano di Cultura ha l’onore di invitare la S.V. allo spettacolo teatrale
Inchiesta drammaturgica sul caso Spampinato di Roberto Rossi e Danilo Schininà
con Danilo Schininà e Giovanni Arezzo
Lunedì 26 marzo 2012, ore 19.00
Istituto Italiano di Cultura, rue de Livourne 38, 1000 BruxellesRSVP entro il 23/03/2012 tel. 02/533.27.20 – iicbruxelles@esteri.itQuattro anni dopo il suo debutto al Premio Giornalistico Televisivo Ilaria Alpi, L’Inchiesta Drammaturgica sul Caso Spampinato di giornalista Roberto Rossi e attore–regista Danilo Schininà torna in scena in varie università italiane e farà il primo passo all’estero con una tournée in Belgio, dal 22 al 30 marzo. In uno spettacolo quasi documentario, Danilo Schininà e Giovanni Arezzo raccontano gli ultimi mesi della vita di Giovanni Spampinato, un giovane giornalista investigativo siciliano ucciso nel 1972 per aver scoperto, scritto e pubblicato troppo sul legame fra criminalità organizzata e trame eversive nella Sicilia sud-orientale. Sollevando la polvere da questo caso, l’inchiesta drammaturgica vuole incentrare l’attenzione alle pressioni che oggi portano sulle spalle i cronisti indipendenti italiani che come Giovanni Spampinato hanno capito che quello che fanno, devono farlo bene. L’attualità della problematica risulta dal contatore con cui l’osservatorio Ossigeno per l’Informazione tiene il conto dei giornalisti minacciati in Italia nel 2012. Oggi ne conta 92.Lo spettacoloCorrispondente da Ragusa de «L’Ora» di Palermo, Giovanni Spampinato, 26 anni, si era affermato pubblicando un’ampia e approfondita inchiesta sul neofascismo. Un lavoro sul campo, condotto a Ragusa, Catania e Siracusa, col quale il giovane cronista era riuscito a documentare le attività clandestine e i rapporti delle organizzazioni di estrema destra locale con la criminalità organizzata – che controllava i traffici illeciti di opere d’arte, armi, sigarette e droga – e con esponenti di primo piano del fascismo eversivo nazionale e internazionale, fautori di quella strategia della tensione che già nel ’69 a Milano aveva provocato la strage di piazza Fontana.Nella sua Cinquecento, la notte del 27 ottobre del 1972, lo raggiunsero sei pallottole esplose da due pistole. A sparare, a pochi centimetri da lui dentro l’abitacolo, fu Roberto Campria, figlio del presidente del tribunale di Ragusa. L’intoccabile trentenne era uno dei maggiori indiziati di un altro omicidio, quello del commerciante di antiquariato e oggetti d’arte, Angelo Tumino, consumato nella stessa città il 25 febbraio dello stesso anno. Giovanni Spampinato era stato l’unico giornalista a rivelare che era coinvolto nelle indagini; che una pista, quindi, portava dentro il Palazzo di Giustizia; e che, perciò, secondo logica e procedura, l’inchiesta penale doveva essere affidata ai giudici di un’altra città. L’inchiesta invece non fu trasferita e il giovane cronista fu criticato e isolato nell’ambiente dei corrispondenti. Ad oggi, del delitto Tumino non si conoscono ancora esecutori, mandanti e movente.Quell’omicidio si verificò proprio nei giorni in cui Spampinato rivelava la presenza a Ragusa del “bombardiere nero” Stefano Delle Chiaie (all’epoca ricercato per le bombe del 12 dicembre 1969 all’Altare della Patria) e di altri noti fascisti romani legati a Junio Valerio Borghese, che nel dicembre del 1970 aveva tentato un colpo di stato. Uno di questi personaggi, Vittorio Quintavalle, fu interrogato dagli inquirenti che seguivano le indagini sul delitto e questo rafforzò nella mente del cronista l’impressione che l’omicidio Tumino potesse essere collegato alle trame eversive che stava documentando. Tanto più che i contatti fra Campria e Tumino e fra questi e i trafficanti di estrema destra erano molto frequenti. Morì prima di poterlo dimostrare.Il caso Spampinato rimane ancora, a più di 35 anni dalla morte del giornalista, uno dei più fitti misteri italiani. È un caso che invita a riflettere su grandi principi – l’incapacità della giustizia a indagare su sé stessa, il ruolo sociale dei giornalisti, il diritto della comunità di essere informata di tutti i fatti rilevanti, le limitazioni imposte all’informazione dai violenti, dai prepotenti e da chi abusa della propria posizione – eppure si rischia di perderne perfino il ricordo. La nostra inchiesta drammaturgia vuole sollevare la polvere da questo caso, con l’unico scopo di consegnare al pubblico una corretta e consapevole memoria storica.Abbiamo scelto di raccontare questa storia con un testo teatrale nel quale convergonoesperienze giornalistiche e teatrali, inventandoci una contaminazione che ci piace chiamare“inchiesta drammaturgia”. Un ibrido che si propone di narrare una storia reale – cercando direstituirne una ricostruzione quanto più vicina alla realtà, frutto del lavoro di indaginegiornalistica – adottando il linguaggio scenico. Fa uso esclusivamente di documenti reali,selezionati e montati in sequenza narrativa, e di elementi teatrali che possano produrre nellospettatore una cognizione emotiva dei fatti, per questo probabilmente più efficace di un libroinchiesta ai fini della consapevolezza e della presa di coscienza. Crediamo inoltre che latrattazione teatrale, per quelle regole imprescindibili che sono la coerenza narrativa e laverosimiglianza, offrano una valida opportunità di metodo nell’interpretazioni dei fatti.